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Ha ragione Francesco quando ricorda come, da ragazzino, fosse importante la partecipazione alle attività di cantore o chierichetto (rigorosamente riservata ai maschi) nella rettoria-parrocchia di San Gaetano, perché anche la vita della parrocchia è sempre stata improntata a una distinzione talora conflittuale, con la parrocchia matrice della Valdagno “vecchia” (sempre, tra vecchio e nuovo si crea, o si vede, contrapposizione).
La Città dell’Armonia è nata come elemento separato dal contesto storico della vecchia Valdagno. Le due realtà hanno convissuto, ma non si sono frequentate, né mai si sono integrate (neppure oggi quando l’insieme della popolazione del quartiere non appartiene più alla fabbrica). E questo è facilmente comprensibile, perché nel quartiere c’era tutto: l’oratorio maschile e femminile (dalle suore), impianti sportivi, tutte le scuole, le attività ricreative, e culturali, la biblioteca… C’era, perfino, il maneggio ma non credo che fosse frequentato molto dai ragazzi della Rinascente. Non c’era nessun bisogno di andare di là, di “passare i ponti”. I nomi dei tre ponti richiamavano, al momento della costruzione, la retorica del regime del tempo, ma assumevano anche un significato un po’ più sottile: ponte della Vittoria, ponte della Concordia, ponte della Libertà.
Il richiamo, qui non è casuale, se si pensa che il bollettino parrocchiale che annunciava la costituzione della parrocchia di San Gaetano Oltreagno del 1960, si richiamava ai nomi dei tre ponti, come, in qualche modo, elemento di riferimento. Per questo, la costituzione della parrocchia, che non funzionava certamente come le Unità Pastorali di questi tempi, ha accentuato la distinzione e separazione anche nei momenti liturgici della comunità. Nel ricordo di Francesco “mocolo” (cioè chierichetto) a San Gaetano c’è un richiamo a una certa raffinatezza dei servizi liturgici, molto curata dal parroco don Giovanni Barbieri, quasi una certa aura di “aristocrazia” che distingueva “quel” quartiere.
In qualche intervento nella serata di presentazione è emerso quello che, almeno nelle classi di età più avanzate, alcuni ancora vivono: il rimpianto per una quasi età dell'oro a Valdagno, quando venivano in visita alla città di Oltreagno intere scolaresche o complessi aziendali, oppure da tutto il Veneto si veniva ad acquistare le stoffe al “Fuso d’oro”. E poi la riflessione si sviluppa conseguentemente: ma, allora, perché la Valdagno di un tempo è caduta oggi “così in basso”? Ma a questo punto della riflessione e del ricordo stiamo attenti a un possibile sentimento che tende a mitizzare il passato, che non è poi così raro.
La risposta è semplice: perché non c'è più la Fabbrica, ma soprattutto perché non c'è più Marzotto (il Conte!). La trasformazione urbanistica della città dell’armonia è iniziata quando la PROPRIETÀ, si noti, non più il CONTE, ha cambiato il quadro. La proprietà ha ceduto ai privati il teatro Rivoli e costoro hanno ritenuto che il fantastico esterno musivo di Santomaso potesse essere sostituito da una facciata di un anonimo condominio, di quartiere cittadino periferico, quando la stessa proprietà ha deciso di costruire nel cuore della più grande piazza della “città” il palazzone per gli uffici della società Jolly hotels, perciò lo spazio rimanente è diventato un altrettanto anonimo parcheggio, quando alcune ville signorili di dirigenti sono diventate dei piccoli condomini, più o meno di prestigio, ma in genere composti di appartamenti piccoli, quando il parco della Favorita è stato circondato da grandi condomini, riducendone la visibilità e lo spazio.
Ma, in fondo di ciò non ha colpa nessuno. È la storia, bellezza!
Gaetano Marzotto poteva fare solo un grande quartiere per operai. Ha fatto un quartiere ricco di servizi, ma, soprattutto, bello, in cui era piacevole abitare, questo è senz’altro vero: spazi aperti, grandi viali, molto verde… Non sono cose da poco per la qualità della vita! Possiamo dire che Gaetano Marzotto fosse anche un “mecenate”, oltre che un esteta? O era solo un bravo e intelligente imprenditore? Se ne può discutere. L’esperienza di Gaetano Marzotto è stata esperienza grandiosa, probabilmente unica al mondo, ma un’esperienza limitata ad un certo periodo, un periodo così breve non può fondare la storia di una comunità.
Il vero problema “antropologico” di Valdagno è la sua posizione geografica, una città incassata com’è in una valle tra monti stretti. Pure oggi chi vuole uscire dalla vallata non è incoraggiato dalla viabilità. Azzardo a dire che, pur con questa esperienza che l’ha valorizzata, Valdagno non è mai cresciuta, il mito dell’età dell’oro che ancora permane ne è la testimonianza. La gente è vissuta sempre all’interno di una realtà geografica, in cui nulla invitava ad “uscire”, convinta (e orgogliosa!) di avere tutto ciò che serviva. Ma, evidentemente, non era tutto!
Antonio Boscato
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