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Job.Scuola.Idee

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Come valutare?

Ogni sviluppo per qualsiasi materia si fonda su un database di conoscenze da cui iniziare per successive e progressive elaborazioni. Il docente di storia può controllare la conoscenza di questa base attraverso le cosiddette prove oggettive, richiederisposte a determinate domande: chi, che cosa ha fatto/è successo, dove, quando, perché…

Con queste domande noi individuiamo un fatto (che cosa è la storia se non un succedersi si fatti?) e lo collochiamo in un certo tempo (quando?), individuiamo degli agenti (chi è stato che…; che cosa ha provocato ciò…)e indichiamo agli alunni le conseguenze. L’accertamento di ciò dovrebbe essere semplice da valutare. Se, tuttavia, diamo per scontato che per questo sono da usare le “prove oggettive”, facilmente giungiamo alla convinzione che esse, pur necessarie per verificare il livello di accettabilità (perché senza una base di conoscenze non si va da nessuna parte), sono limitative ai fini della valutazione di un processo di apprendimento.

Del resto, se vogliamo definire cos'è una prova “oggettiva” la risposta è problematica.

Se io chiedo di precisare anche una semplice data, già questa presuppone una scelta tra innumerevoli altre possibili domande (il 14 luglio 1789 è una data così importante? È poi importante oggettivamente o soltanto simbolicamente la presa della Bastiglia?). Una risposta errata indica il non aver studiato, non essersi impegnato, non aver provato interesse per l’argomento (e non sono la stessa cosa), ma se la domanda è più complessa devo valutare allo stesso tempo: a) la formulazione della mia domanda; b) le suggestioni che io ho fornito nella spiegazione o nel laboratorio; c) devo interpretare sia le risposte “corrette” (o che considero tali) che le insufficienti (a meno di non intendere la prova oggettiva alla stessa stregua di un quiz!).

Tuttavia, alla fine non si può prescindere dalla valutazione: se l'alunno fa scena muta, se risponde parzialmente, se risponde in maniera approfondita… e io devo prima di tutto valutare non tanto la risposta ma quanto di comprensione storica c'è nella risposta, in sostanza la qualità della risposta.

Le UA, come sono costruite esemplarmente nel fascicolo didattico della rivista, si propongono come momento privilegiato di valutazione perché io posso focalizzare gli obiettivi, il materiale su cui lavorare, le attese che pongo, in vista di determinate risposte che non sono scontate o portate a livello minimo ma sono riscontri individuali su aspetti ben precisi che precedentemente ho evidenziato come qualitativamente rilevanti. È soprattutto attraverso delle attività laboratoriali che mi rendo conto se e in che misura l'alunno matura nel processo di interiorizzazione di alcuni processi, capacità e abilità specifiche.

Il problema, dicevo prima, è quanto in alto si possa volare avendo come obiettivi non tanto delle risposte più o meno omogenee dettate soltanto dalla quantità di studio dedicato a un capitolo e dalla capacità di memorizzazione quanto piuttosto da una comprensione esperienziale.

La valutazione, al di là di designazione di un “voto” alle tradizionali prove oggettive, i cui limiti si possono facilmente intuire, è assai problematica se non si instaura nella classe una capacità e attitudine al dialogo (e non solo quindi, interventi per alzata di mano) e all’ascolto, qualità fondamentali in tutti i momenti qualificanti costruttivi, ma particolarmente utili nei momenti più impegnativi come l'ora di storia è senz'altro. È prioritario quindi valutare l'attenzione, l'ascolto, da cui dipende principalmente anche la qualità della risposta.


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