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Partendo da queste osservazioni, mi chiedo, di fronte a tanti problemi di grande attualità e di motivata insicurezza nei confronti del futuro che talvolta sconvolgono o terrorizzano le persone, se la scuola (o meglio, qualsiasi ambito educativo, ma ovviamente la scuola per prima) abbia un compito, attraverso quali strumenti, tempi e spazi possa offrire aiuto a gestire le proprie paure, per raggiungere un equilibrio fondato sulla consapevolezza della realtà.
A tutti gli effetti questo mi sembra un compito psicopedagogico che di solito è affidato alle competenze di una figura appositamente preparata, ma quasi mai concretamente presente, come lo psicologo.
Può essere utile l’intervento mirato dell’esperto in qualche occasione, per esempio nel corso di educazione sessuale. Ma il compito di fornire un supporto psicologico dovrebbe essere qualcosa che si svolge in ogni attività didattica, la quale ha il compito di fornire dei contenuti adeguati, aiutare l’alunno nella sua crescita e nel suo apprendimento culturale, ma allo stesso tempo, se necessario, non dovrebbe sottrarsi ad un compito anche di sostegno psicologico.
L’insegnante infatti non è soltanto il comunicatore, il trasmettitore di conoscenze ma l’accompagnatore di crescita e di maturazione culturale che si sviluppano bene solo se vengono svolte in un terreno opportunamente coltivato; questo presuppone necessariamente una partecipazione emotiva.
Ansia e Paura
Ritengo importante a questo punto distinguere tra due termini che qualche volta possono essere confusi: ansia e paura. Non credo sia possibile confondere timidezza con paura, anche se questa può apparire con manifestazioni simili, ma è la radice che è diversa.
L’ansia, che ci accompagna quotidianamente in tanti momenti, ha un valore positivo, inquieta, spinge ad affrontarla ed è una fedele compagna delle nostra vita, ogni volta che dobbiamo provare esperienze nuove; una percezione di cui siamo perfettamente consapevoli. L’ansia è ciò che dà sapore all’azione, si affianca a ogni progetto o sogno. L’ansia è attesa.
La paura è diversa. Si manifesta quando uno avverte di essere di fronte a un pericolo, talvolta reale, talvolta immaginario. Possiamo definirla un’ansia esasperata? No. La paura è qualcosa che viviamo quando qualcosa nel mondo attorno a noi ci appare pericoloso, minaccia noi stessi ed è incontrollabile. Io posso essere in ansia quando aspetto il risultato di un esame clinico. Cado vittima della paura se il risultato dell’esame comunica la presenza di una malattia grave.
Posso avere paura di volare, solo il pensiero della possibilità mi getta nel panico, oppure essere in ansia perché viaggio in aereo per la prima volta, ma non ho paura dell’aereo. Sono due modi di vivere l’approccio all’aereo. La paura dell’aereo in casi estremi può diventare fobia e impedire di poter viaggiare. L’ansia è transitoria, legata a un momento, la paura permane e scava dentro, determina modi di essere e di comportarsi. Passato il momento o l’accadimento che ci rende ansiosi, ci sentiamo più liberi e gioiosi, la paura invece è perennemente presente in qualche modo.
Posso aiutare uno a superare l’ansia tranquillizzandolo, è molto più complicato aiutarlo a vincere la paura, magari anche con l’ausilio di tecniche o strumenti sofisticati. Con l’ansia si può convivere tranquillamente, con la paura anche, ma non tranquillamente e, certamente, essa porta a uno scadimento della qualità di vita.
Quando qui ci riferiamo perciò alla paura non parliamo di ansia/ansie ma di paura/paure. La distinzione deve essere chiara. Nel contesto di questo discorso, parliamo solo di quelle paure che impediscono di diventare persone libere, ostacolano il decidere, provocano incapacità di assumersi responsabilità. Come nella parabola dei talenti del Vangelo, non portano a mettere a frutto qualità e potenzialità ma le seppelliscono rendendole inutili e infruttuose, mentre la gestione positiva dell’ansia e la vittoria sulle paure fanno parte di quel processo di crescita verso la libertà e il primo passo nella ricerca personale della verità.
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