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Si apprende significativamente la storia nella misura in cui “la si fa”
Cioè non è intesa solo come “passato”, ma è sempre ”storia presente”.
La storia si può insegnare? E uno rispondesse di no, quali argomenti porterebbe a sostegno?
- La storia, concordiamo, è racconto di fatti/avvenimenti del passato, ma è possibile raccontare fatti? Quanto spazio dà ai fatti anche il più moderno manuale scolastico? In esso i “fatti” sono “necessariamente” limitati; prevalgono le puntualizzazioni, i riferimenti, le circostanze, i collegamenti… che vogliono chiarire e spiegare; ma con ciò si entra in un discorso che potrebbe addirittura non essere storia!
- Consultiamo un qualsiasi manuale di storia. Esso suddivide la storia, che è un continuum, in segmenti cronologici (arbitrari?), in cui un singolo episodio diviene la chiave interpretativa di un vasto processo (l’affissione delle 92 tesi di Lutero a Wittemberg sarebbe l’inizio della Riforma protestante…).
- Qualsiasi “fatto” può essere valutato (e pure “raccontato”) in maniera diversa e comunque, una volta scelto e “raccontato” è di per sé falsificato.
- Noi tendiamo a “sposare” dei fatti, costruendo“mitizzazioni”: come ogni epoca ha considerato la Rivoluzione francese, la Rivoluzione russa, le guerre d'indipendenza in Italia, la Resistenza italiana...? Il fatto storico si perde per diventare metastoria: (un processo storico diventa allora acquisizione di una coscienza, progresso o reazione, la storia scritta dai vincitori…). Quando la storia diventa retorica, è morta.
- Tendiamo a classificare i fenomeni storici secondo schemi storiogrfici: la storia come risultato dell'azione di grandi personaggi o di vasti movimenti, un continuo progresso, un cammino verso un destino (un punto “omega”), un ciclo, un fluire casuale senza senso… In conclusione, quando insegniamo storia, cosa facciamo esattamente? Aderiamo a una corrente storicistica o di filosofia della storia? Ovviamente altre obiezioni non mancano.
Insegnare: in-insegnare è “mettere dentro segni”.
Nella sua formazione un individuo, continuamente cambia, diventa altro e lo diviene attraverso “segni” che vengono portati dentro di lui da tanti diversi agenti. Qualunque individuo, a ben vedere, è portatore di “segni” (e i segni della storia non sono certamente i più sfocati). Quali segni all’interno di un complesso progetto formativo l’insegnante di storia si propone di imprimere nell’alunno?
Non rifiutiamo il sistema tradizionale di presentare la materia, ma decidiamo che la storia si può insegnare “facendo la storia”. Si pone qui un problema didattico centrale: che cosa di specifico porta l'insegnante con la guida alla lettura e alla comprensione dei fatti?
1 Storia come esercizio della memoria
Il “mio” passato è la “mia” storia. Non divento una persona pienamente matura se non divento uno storico, nel senso che prendo coscienza del tempo che passa e nel tempo, e attraverso ciò che in esso avviene, assumo una identità, divento quello che sono qui/ora.
La storia è essenzialmente, inevitabilmente, ricerca sul passato per un confronto col presente. Nel pormi e nell’agire all’interno del mondo, tra tante operazioni, esprimo continuamente un giudizio sul presente e sul passato miei e del mondo che mi circonda e li raccordo entrambi.
Ritengo di poter dire che migliore è l’insegnante di storia interiormente più ricco, in quanto ha elaborato la “propria” storia nella sua complessità, che riporta nei fatti dell’agire umano. L’insegnante quando insegna storia è egli stesso parte della storia che insegna, cioè trasferisce nella sua didattica una “memoria storica”; le sue radici hanno determinato e improntato un modo di vedere il presente e pure il passato: il passato prossimo, quello delle radici familiari; il passato remoto di una civiltà, maturata e trasformata nel corso del tempo fino a divenire il contesto socioculturale in cui si vive.
Insegnando la storia noi facciamo inevitabilmente i conti con il nostro passato. Consideriamo la storia (ma è meglio dire: i fatti storici) nel confronto con la nostra memoria. Del nostro passato noi abbiamo una particolare memoria: alcuni avvenimenti li riviviamo con passione, gioia, orgoglio, sofferenza, rimpianto; altri ricordi emergono, improvvisamente richiamati in vita, in momenti significativi. In tutto ciò il ricordo del passato diventa esperienza del presente che forma e dà sostanza al nostro essere presenti e agire. Più l’insegnante ha fatto i conti personali con il passato, più riesce a motivare e trasmettere interesse verso di esso portando alla scoperta della presenza e dell’azione dei segni della storia.
Ogni uomo è portato a “leggere” la realtà con una predisposizione a cogliere un aspetto piuttosto che un altro, a privilegiare una dimensione su un’altra. Qualsiasi docente, insegnando il passato, non può liberarsi dalla sua storia; ciò determina l’impostazione storiografica, quello che ci mette di suo. Egli potrebbe avere una predilezione per la storia economica o per quella religiosa, per gli aspetti artistici o culturali, letterari, per i movimenti di popolo, preferire l’indagine sui valori o sulle dinamiche, sull’apporto dei grandi personaggi… Non è indifferente per una persona essere nato e maturato in un grande centro industriale, una piccola città di provincia, in un determinato contesto socioculturale, aver frequentato questo o quell’indirizzo scolastico… Il contesto in cui si è vissuti e particolari esperienze maturano una sensibilità, una attenzione verso aspetti dell’agire umano che tutti, inevitabilmente, tentiamo di ritrovare nel passato per ricondurli all’attualità del presente come momenti di confronto e di valutazione. Siamo tutti portatori di segni, ma, non dimentichiamo, è soprattutto nella scuola che questi segni vengono criticamente filtrati.
Sarebbe interessante poter indagare e mettere a confronto le motivazioni profonde di scelte e preferenze, di tagli storiografici che qualsiasi insegnante di fatto opera nello svolgimento della materia, a meno che non pensiamo vi siano insegnanti che si adeguano pedissequamente all’indirizzo fornito dal manuale senza un loro personale apporto critico.
2 Storia come laboratorio di ricerca e di costruzione del proprio posto nella comunità
Ogni apprendimento si basa sull'osservazione e sull'esperienza. Il luogo privilegiato per l’avanzamento della conoscenza per quasi tutte le discipline è il laboratorio, dove si produce essenzialmente ricerca e sperimentazione.
Possiamo identificare la materia “storia” come il laboratorio in cui si fa un particolare tipo di esame: si individuano i passaggi della costruzione della vita umana nelle sue forme sociali e collettive, la ricostruzione dell'esperienza del passato a uso, tuttavia, del presente.
La storia è soprattutto laboratorio quando conduce gli alunni a mettersi nei panni del passato.
In secondo luogo è laboratorio perché suo compito è ricercare i fatti, verificarli, classificarli.
Coglie ancora l’apporto specifico di uomini che hanno influenzato e modificato il contesto, il ruolo dell’intelligenza e della volontà, nel definire e proporre modelli positivi o negativi. E ciò non può non diventare un importante aiuto a veder chiaro nell’incertezza del tempo presente: guardare vicino imparando dal guardare lontano, potremmo dire, soprattutto imparando dall’esperienza altrui, ricostruendo i contesti dello svolgimento delle azioni.
Laboratorio come luogo di osservazione ed analisi anzitutto del contemporaneo, poi, dal presente, muovere indietro, considerando il presente come compimento del passato; cercare nel passato le cause di cui oggi subiamo gli effetti.
Il presente è difficile coglierlo in quanto si modifica a ogni istante sotto i nostri occhi, mentre il passato è ormai stabilito in ciò che è veramente avvenuto, sulla cause e sugli effetti per cui la storia aiuta a misurare l'importanza degli avvenimenti attuali, distinguere i fatti quotidiani, valutare le dimensioni, calcolando la portata, prevedendone le conseguenze. La storia come laboratorio nel presente non è più sinonimo di generico, ozioso e noioso interesse perché il passato è soltanto una parte della storia. Anche tutti noi, come ho ricordato, siamo parte del passato. Ricostruendo il passato comprendiamo meglio noi stessi, siamo nella storia; essa ci fa, e noi pure facciamo la storia dell’oggi e prefiguriamo quella del futuro.
Storia nel presente non ci fa essere spettatori lontani, disinteressati, ma fa ritornare attuale la domanda che sempre accompagna l’uomo: chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando?, mantenendo viva una indispensabile inquietudine.
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