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Un problema più generale e ampio: è possibile insegnare storia a una generazione che, a detta di sociologi e studiosi dei comportamenti,vive solo nel presente, non ha memoria del passato (qualcuno ha scritto che per i nostri ragazzi delle medie tutto ciò che non appartiene al 2000 non è più presente) e, almeno così sembra, non si pone il problema di immaginare un futuro?
Esploriamo qualche percorso:
Che cos’è la storia? Se mi pongo la domanda riferita alla nuda parola, mi viene in mente l’espressione di Sant’Agostino a proposito del tempo: “Che cosa è dunque il tempo? Se nessuno me ne chiede, lo so bene: ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so” [1], tanti e diversi sono i significati che la parola assume nei vari contesti. I nostri alunni porrebbero la questione pragmaticamente chiedendoci: a cosa serve studiare storia?
Risponderemmo loro che tutto ciò che avviene frammentato nello spazio e dentro il tempo è “storia”, anche ciò che avviene in questa giornata. Non possiamo fare a meno di organizzare la storia in infiniti settori (dell’universo, della medicina, del cibo, della moda…), ma è la storia dell’uomo quella di cui ci occupiamo nella materia da cui prende il nome: storia di un uomo, di una famiglia, di una dinastia, di una nazione… Di queste storie recuperiamo e conserviamo solo alcune notizie, per cui è stato scritto che la storia è soltanto una “aristocrazia” di avvenimenti. Studiamo quella storia alla quale chi organizza la materia (e chi la studia) sente di appartenere, per questo (finora!) non ci ha interessato conoscere la storia dell’India o della Cina.
Nella lingua greca, da cui trae origine la parola, Istorìa indica un insieme di operazioni mentali più che un campo disciplinare; a seconda del contesto è indagine, investigazione, ricerca ma anche risultato della ricerca, cognizione, scienza , narrazione, racconto, relazione verbale e scritta. Il verbo istoréo significa: interrogo, investigo, esploro, conosco dopo ricerche…
Proviamo a dare una definizione soddisfacente attraverso un dizionario? “Racconto degli avvenimenti della vita di un popolo”, più dettagliatamente:“Esposizione ordinata di fatti/avvenimenti umani del passato quali risultano da una indagine critica volta ad accertare sia la verità di essi sia le conoscenze causali”. Il dizionario distingue poi tra storia e cronaca “esposizione non critica di fatti nella loro semplice connessione cronologica”. Consideriamo soddisfacente e ampiamente esplicativa questa definizione?
Riportiamo ora due testi fondamentali del pensiero classico che, a mio giudizio, “fondano” la Storia e da cui traggono ispirazione le presenti riflessioni.
Erodoto (484-430 a. C.) così inizia la sua opera: “Questa l’esposizione che fa delle sue ricerche Erodoto di Turi, affinché gli avvenimenti umani con il tempo non si dissolvano nella dimenticanza e le imprese grandi e meravigliose, compiute tanto dai Greci che dai Barbari, non rimangano senza gloria; tra l’altro, egli ricerca la ragione per cui essi vennero in guerra tra loro[2]”.
Riprende Tucidide (460-404 a. C.): “È questo il frutto delle indagini e dello studio, cui ho sottoposto i fatti antichi: materia difficile ad accertarsi, scrutando ogni singolo indizio e testimonianza man mano che si presentava.(…) Gli uomini in genere accolgono e tramandano fra loro, senza vagliarle criticamente anche se concernono vicende della propria terra, le memorie del passato. (…) Così intraprendono molti, con troppa leggerezza, la ricerca della verità, e preferiscono arrestarsi agli elementi immediati, che non esigono applicazione e studio. Gli argomenti invece e gli indizi da me addotti assicurano la possibilità d'interpretare i fatti storici, quali io stesso ho passato in rassegna, con una certezza che non si discosta essenzialmente dal vero. (…) Si converrà che il prodotto delle mie ricerche, elaborato dall'analisi degli elementi di prova più sicuri e perspicui, raggiunge la sufficienza[3]”.
Queste due citazioni richiamano le due condizioni principali del “praticare” storia: esercizio della memoria, attraverso cui traiamo la conservazione di ciò che è stato “grande e meraviglioso”, con termine più moderno diremmo “significativo”, la ricerca per mezzo del confronto critico tra le fonti. Accettiamo quindi che la storia presuppone una “domanda” (la ricerca sul passato si apre talvolta come risposta alla curiosità, talaltra, e più spesso, è esigenza che proviene da un bisogno), da cui parte una indagine vale a dire una “ricerca”, che si fonda su fonti testimoniali o documentarie. Poiché la domanda riguardante il passato, è posta oggi, è assai probabile che essa abbia attinenza con condizioni di vita, problemi dell’oggi. Direi che la ricerca storica va a ritroso in quanto parte dal presente.
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