QUANTO SIAMO “GIUDIZIOSI”?
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Nota introduttiva
Se accade che qualche insegnante vi chieda cosa state facendo nel “corso di filosofia”, se per caso state studiando la Storia della filosofia, come ai licei, dovete rispondere subito di no.
Nel caso poi l'insegnante volesse insistere, dovete spiegare che state facendo un “percorso di epistemologia”. A questo punto l'insegnante potrebbe anche non sapere il significato di questa parola e dovreste chiarire che l'epistemologia è un ramo della filosofia che insegna a ragionare in modo corretto, per poter raggiungere delle conoscenze certe (il più possibile, evidentemente, magari si potesse esser sempre certi di tutto!), fondate su ragionamenti corretti.
Questa esperienza ci aiuta a capire quali sono gli strumenti per costruire la nostra conoscenza. Come per costruire una casa, ci vogliono dei materiali, ma poi si deve avere la competenza per sapere come utilizzarli, così per costruire conoscenza non basta avere informazioni e nozioni, ma anche strumenti per utilizzarle.
Perciò, ecco una regola importante:
Per conoscere bisogna imparare a conoscere.
La parola “epistemologia”, infatti, deriva dall'insieme di due altre parole: logos, cioè discorso, studio, (come archeologia, paleontologia, etimologia ecc.) ed episteme, parola greca che significa conoscenza certa o anche scienza.
Inizialmente ho chiamato questo corso: “Impariamo a ragionare”, invece di chiamarlo Corso di filosofia (per non spaventare!). Ma ora capite che si tratta sempre della stessa cosa.
E ora proprio entriamo in piena epistemologia.
La formazione del giudizio
Vi capita mai di dare giudizi?
Almeno tutti i giorni, e anche più volte, spesso scegliendo tra contrapposizioni: simpatico-antipatico, dolce-salato, buono-cattivo…. Sono giudizi in gran parte ciò che pensiamo o diciamo.
- Facciamo delle affermazioni molto nette: Qui ho proprio ragione io!… Mai e poi mai io farò come quello là…! Quella lì è proprio una cretina…! Quel compagno è veramente un amico. In questo caso siamo (almeno in apparenza) sicurissimi di quello che pensiamo.
- Oppure esprimiamo dubbi, ma anche questi sono giudizi: Sarà vero quello che mi hanno detto…?
- Abbiamo nella nostra mente delle convinzioni: Secondo me in classe le cose andrebbero meglio se l'insegnante accettasse di sentire le nostre ragioni…
Dentro di noi portiamo, perciò, delle opinioni e le esprimiamo con dei giudizi. Abbiamo visto che, mentre i miei dubbi non si fanno errori, quando abbiamo opinioni ed esprimiamo giudizi, non è detto che questi siano corretti.
Il giudizio è il risultato delle nostre opinioni e lo esprimiamo con parola o anche con il linguaggio del corpo, come quando facciamo l’espressione schifata se la mamma dice che dovremo andare a trovare quell’antipatica della sua amica che vuol vedere quanto siamo cresciuti.
Ma come si costruisce dentro di noi un’opinione è un po’ cosa misteriosa: uno è tifoso fanatico della Juve, ma quando, come, perché lo è diventato, non è facile raccontarlo. Se glielo chiedi, risponderà che è così da sempre.
Come si formano i giudizi?
E invece no, le convinzioni, da cui nascono le opinioni e i giudizi (che non sono altro che l'espressione delle nostre opinioni), nascono e crescono con noi.
Un insegnante, attraverso il voto, esprime il suo giudizio su un alunno, ma lo fa con riferimento a dati oggettivi: cioè i voti che l'alunno ha preso nelle interrogazioni e nelle verifiche. L'opinione dell'insegnante matura sempre di più a seconda che l'alunno vada costantemente bene (o costantemente male!).
Ma se un insegnante (e questo per fortuna non succede mai) assegnasse un bel voto a un alunno perché veste bene, è molto educato, i suoi genitori molto ricchi ogni Natale gli mandano un bellissimo regalo … come giudichereste l'opinione dell'insegnante?
Semplice: influenzata da dati che non devono entrare nel suo giudizio.
Tutti noi, al contrario, costruiamo le nostre più importanti convinzioni senza avere un preciso confronto con la realtà, senza cioè fare un’esperienza diretta, come l'insegnante.
Non è, insomma, che una mattina ci sveliamo e diciamo da oggi la penso così! È vero che ci possono essere dei grandi avvenimenti nella nostra vita che possono anche cambiare in un colpo solo il nostro modo di pensare, ma questo accade raramente[1].
Fin dai primi mesi di vita riceviamo dall'esterno informazioni che costruiscono la nostra mente, il nostro modo di pensare, quello che esprimeremo nel corso della vita, e quindi anche i nostri giudizi, perché ognuno nasce in una comunità e in un certo momento della storia.
La prima comunità, sappiamo, è la famiglia, non solo i genitori ma anche un po' tutti i parenti stretti o lontani: nonni, zii, cugini eccetera. Questa comunità ci introduce a collettività sempre più ampie fino a inserirci in una comunità più grande (che è l'insieme di tutte le comunità), cioè la società del nostro tempo.
Partendo da qui, forse, riusciamo capire perché nonni e nipoti la pensano in modo così diverso. Oggi viviamo nei primi anni del 21º secolo, i nostri nonni sono vissuti a metà del secolo precedente e i due periodi storici sono molto diversi: essi hanno visto altre situazioni economiche, avvenimenti storici, modi di stare in famiglia, rapporti genitori-figli, hanno pure assorbito un tipo di mentalità molto diverso dal presente.
Essi, pertanto, hanno qualche difficoltà a capire il tempo attuale. Da qui nasce l'opinione che gli anziani (ma proprio tutti?) non capiscono il modo di vivere dei giovani e questi considerano gli anziani persone che non possono dare e dire nulla a loro.
Può succedere perciò che nel conflitto tra due mentalità gli anziani giudichino il modo di vivere dei giovani in maniera negativa, oppure pensino che le cose vadano bene così, e rinuncino a portare la loro esperienza in confronto con il mondo come si presenta oggi.
Riflettete su queste due. Situazioni[2].
Attenzione! Non tutto quello che noi pensiamo, è frutto d’informazioni esterne.
- Filippo, un compagno un po’ romantico, osserva il cielo attraverso il quale corrono veloci nubi primaverili che, a ogni momento, mutano aspetto. Filippo segue la sua fantasia, scoprendo disegnati, di volta in volta, un animale feroce, un castello incantato, un oggetto misterioso[3].
Lo stato d'animodi Filippo ha indirizzato verso degli oggetti esterni la sua osservazionema non c’è stato nulla di preciso che ha provocato l’azione di Filippo, è stata invece un’azione spontanea, la quale trae alimento da qualcosa che attira l'elaborazione della sua fantasia.
In questo caso qualcosa dall'esterno mette in movimento l’elaborazione di una persona che, secondo le circostanze, assume aspetti e caratteri diversi (secondo le occasioni si tratta di “voler vedere”, oppure del “piacere di fantasticare”...); in ogni caso si tratta di qualcosa che permette alla mente di sviluppare informazioni da immagini provenienti dall’esterno.
Nuova situazione
- Matteo si fa notare fin dal primo giorno perché non sta mai fermo in classe. Ogni dieci minuti si alzano, va in giro per la classe, chiede di uscire. Gli insegnanti vogliono conoscere la causa del comportamento di Matteo, cioè si fanno delle domande, soprattutto questa: “Perché Matteo si comporta così?”
L’osservazione che essi fanno su Matteo li porta alla conclusione che sicuramente Matteo “ha” dei problemi, perché non è capace di essere come tutti gli altri, ad esempio accettare delle regole di comportamento.
Con termini più precisi, diciamo che deducono dal comportamento di Matteo la presenza di qualche problema e formulano delle ipotesi sullecause di questo comportamento.
Ipotizzano che Matteo si comporta così perché, secondo essi, non è solo un ragazzo indisciplinato, maleducato. Vanno perciò alla ricerca d’informazioni che indirizzino verso il vero motivo del comportamento di Matteo.
Se gli insegnanti trovano conferma che comportamento di Matteo dipende da poca salute o da timidezza, o problemi familiari, saranno in grado di aiutare Matteo a modificare il suo comportamento. Il loro atteggiamento sarà più comprensivo perché conoscono, i compagni, invece, non informati, lo giudicheranno “ingiusto”, perché sembra che siano fatte preferenze.
Abbiamo perciò costruito uno schema della formazione del nostro giudizio che possiamo rappresentare così:
- Un fatto (per usare un termine più preciso[4]: un fenomeno) provoca la mia attenzione, oppure, spontaneamente rivolgo il mio interesse verso un oggetto.
- La mia naturale curiosità, o un compito assegnatomi, mi spinge a conoscere più profondamente (con maggiori particolari, acquisendo più informazioni).
- Spesso sorgono delle domande specialmente sulle cause di qualche fenomeno o avvenimento.
- Posso rispondere alle domande:
a) Acquisendo maggioriinformazionida altre persone, o esercitando l’osservazione.
b) Facendo delle deduzioni
c) Formulando delle ipotesi
- Alla fine costruisco dei giudizi (o anche opinioni) che possono essere positivi, negativi ecc.
- Il giudizio mi spinge a un certo comportamento che dipende dalle opinioni che ho costruito su un fatto, una persona, un’idea…
“Tutti gli alunni della 2d sono antipatici[5]”
È un’affermazione da accettare?
No, perché se esaminiamo lo schema costruito, scorgiamo che il giudizio (che sta al posto numero 4 del nostro schema) non è sostenuto da tutto un lavoro precedente di osservazione, ricerca d’informazioni complete, elaborazione di ipotesi e di deduzioni.
È un’idea che mi faccio venire in mente (o che qualcuno[6] mi ha messo in mente), ma non ha alcun riscontro nella realtà.
Perciò l’affermazione non è un giudizio, ma un pregiudizio. Chiamiamo i pregiudizi anche con il termine di “credenze”.
Conclusione: Abbiamo ricavato un’importante regola, che ci permette di verificare il nostro modo di pensare:
1 - Tutti abbiamo comportamenti che derivano da opinioni, che ci siamo costruiti partendo dall’osservazione della realtà che ci circonda.
2 - Molte convinzioni derivano dall'influenza che il mondo esterno ha esercitato su di noi in tutto il corso della nostra vita.
3 - Dobbiamo trovare i momenti e le occasioni per sottoporre a controllo i nostri giudizi accertando da quali informazioni hanno preso avvio, se dipendiamo solo dai giudizi degli altri, se invece siamo capaci di costruirci delle opinioni nostre, e se di queste possiamo fidarci per merito della serietà e dell’impegno con cui abbiamo costruito le nostre ipotesi e deduzioni oggettive cioè basate su dati di fatto e non su impressioni a prima vista.
[1] Nella storia del Cristianesimo è raccontato il cambiamento improvviso di Saulo di Tarso (San Paolo), che da persecutore dei cristiani di colpo è divenuto il più importante degli Apostoli perché, cadendo da cavallo, incontrò Gesù sulla via per Damasco.
[2] Le “situazioni” sono costruzioni immaginarie, prese però da quello che succede ogni giorno, che ci servono per rappresentare concetti che possono essere astratti.
[3] La fantasia è una grandissima risorsa da coltivare. Essa ci permette di sognare, ma anche di immaginare un mondo migliore e, magari, anche pensare come costruirlo. Tantissimi grandi personaggi sono partiti nelle loro imprese da un sogno. Chi ci rinuncia alla fantasia corre il rischio di diventare un tipo molto cerebrale.
[4] Ricordate che nel corso preferiamo utilizzare sempre non solo parole nuove. ma anche più “scientifiche”.
[5] Si possono fare decine di esempi del tipo: “Tutti quelli che vengono da un certo paese non hanno voglia di lavorare!”.
[6] Sono stato cioè suggestionato.
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