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È soprattutto nello sviluppo di una qualità sim-patica ed em-patica del nostro rapporto con la classe che il dialogo diventa anche intuizione e interpretazione, come nell’esempio che illustriamo di seguito.
Mi rivolgo a un alunno o a un gruppo e chiedo “cosa ne pensi?” (riferito a un fatto d’attualità o a uno spunto emerso dalla lezione), il che è equivalente a chiedere “esprimi un tuo giudizio a proposito di questo di cui stiamo parlando; come ti saresti comportato in questa situazione?”. Otteniamo dalle risposte. Che significato e che valore diamo a queste? Esse, soprattutto, richiedono da parte mia due momenti: uno immediato di “lettura/ interpretazione” delle risposte, il secondo mi spinge ad andare oltre, ad approfondire. Incalziamo allora: “ se la pensi così, non credi che le conseguenze parrebbero le seguenti?”, “la tua risposta non ti sembra che avrebbe potuto essere diversa se tu avessi tenuto conto di questo o quello aspetto?...”. Ecco una classica situazione in cui la risposta dell’alunno potrebbe interpellarmi (“ma guarda, non avrei mai pensato che avrebbe risposto così!”). Insomma: farsi interrogare dalle risposte e non solo valutarne la rispondenza immediata.
Certamente ha grande rilevanza per la riuscita di questo, chiamiamolo, gioco la qualità della domanda o della sollecitazione che siamo capaci di porre. Domande banali, infatti, spingono a risposte banali e insignificanti.
Oltre all'approfondimento di testimonianze, qualche momento nell'orario settimanale possiamo pure dedicarlo a un vero “addestramento al dialogo” con proposte che contemporaneamente diventano esperienze di educazione alla convivenza civile. Tali momenti potremmo chiamarli di “otium” nella ricchezza di significato che questa parola assume nella lingua latina (momenti di addestramento alla ricerca e alla riflessione a prescindere dall'affanno del concreto svolgersi della lezione e del programma (non otium = negotium). I contenuti da proporre discendono dalla necessità di iniziare a comprendere la realtà esterna (ponendo domande esistenziali, morali, politiche, sociali, cogliendone la complessità e, di fronte ad esse, invitare a risposte personali...).
È facile indicare gli obiettivi formativi di questi momenti: l'addestramento al “sapere ascoltare” una domanda e, allo stesso tempo comprenderla, saper riflettere, giungere ad esporre una propria opinione, saper confrontarla con le opinioni degli altri. Ancora: condurre l'allievo attraverso una serie di esperienze ad un maggiore autocontrollo del suo pensiero e a una maggiore sicurezza emotiva. Accanto poniamo obiettivi di abilità: interagire, utilizzando buone maniere, con persone conosciute e non, accettare, rispettare, saper ascoltare e comprendere le ragioni di un comportamento. Mettere in discussione non solo il proprio pensiero ma anche saper distinguere cosa accettare o no del pensiero degli altri sulla base di scelte ragionate.
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