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dott. Stefano Dal’Ara, medico di medicina generale

 

Questo intervento ha introdotto il Convegno sul Dolore promosso dalla sezione del Rotary Club di Valdagno (Palazzo Festari) in data 3 febbraio 2016

 

“Divinum est sedare dolorem". La frase viene attribuita a Galeno famoso medico dell’antichità che fu il curante di ben 3 imperatori romani Marco Aurelio, Commodo, Settimio Severo. Per gli amanti della storia siamo negli anni che vanno dal 150 al 200 d.C.

Qualche maligno potrebbe obiettare che tanto bravo non dovesse poi essere avendo curato ben 3 imperatori ma Commodo morì strangolato e di questo non si può certo incolpare il buon Galeno, gli altri 2 morirono in età per l’epoca assai avanzata, sui 60. 65 anni e lo stesso Galeno morì a 70 anni.

È cosa divina sedare il dolore, questa frase fa subito capire che già nei tempi remoti chi si adoperava per sedare, lenire il dolore godeva di un credito tale da essere addirittura avvicinato agli Dei. Il dolore è antico, nasce con l’uomo e forse soltanto nel giardino dell’Eden era sconosciuto.

Il dolore è considerato il V Parametro vitale con il respiro, il battito cardiaco, la temperatura corporea, la pressione arteriosa e può tornarci anche utile in determinate situazioni, parlo in particolare del DOLORE ACUTO, quello che dura per breve tempo e che di solito riconosce una causa ben precisa, è un campanello d’allarme che ci dice che qualche cosa nel nostro organismo non va come dovrebbe (se io metto una mano sul fuoco e non sentissi dolore dopo un po' mi ritroverei in una situazione certamente spiacevole)

Il DOLORE CRONICO, è invece quello che perdura nel tempo, più di 3 mesi secondo alcuni autori più di 6 mesi secondo altri, difficile da trattare, che persiste anche quando la causa dolorosa è cessata da tempo e che spesso necessita di un approccio multidisciplinare –do alcuni dati per inquadrare meglio il problema e da questi numeri si può già capire quale impatto sociale, economico, sanitario, emozionale, relazionale, rivesta l'argomento.

Riguarda in Italia oltre 12 milioni di persone (20% della popolazione) altre statistiche parlano di 15 milioni,

3 anziani su 4 soffrono di dolore cronico, ricordiamoci che nel 2030 gli anziani rappresenteranno in Italia il 26,5% della popolazione.

18% dei pazienti con dolore cronico ammette di sentirsi abbandonato e di aver perso il proprio ruolo in famiglia (anticamera della depressione reattiva) non è 1 caso che il 22%, dato per difetto a mio avviso, dei pazienti con dolore cronico siano anche depressione.

Indagine ISTAT il 17% dei pazienti con dolore cronico ha riferito di aver perso il lavoro,

il 20%ha cambiato lavoro,

il 18% ha avuto un cambio di responsabilità con ridimensionamento nella propria mansione.

Ampliando un po’ lo sguardo, in Europa le giornate di lavoro perse in 1 anno a causa del dolore cronico, hanno un costo di quasi 300 miliardi di euro.

Insomma, il dolore cronico provoca modifiche economiche, affettive, comportamentali, sociali, economiche a volte devastanti, tanto che oggi I DOLORE CRONICO è, esso stesso considerato, MALATTIA.

Cosa non di poco conto perché fino a non molti anni fa il dolore era considerato semplicemente un sintomo di una determinata malattia o processo morboso. Malattia quindi, che spesso non viene adeguatamente tenuta in considerazione. L'OMS considera come parametro di AVANZAMENTO SOCIALE di una Nazione il consumo di morfina usato con scopi terapeutici in quella nazione.

Se prendiamo i paesi europei ritenuti “più avanzati” (Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Paesi nordici) l'Italia è purtroppo all'ultimo posto, per consumo di oppioidi forti mentre è al primo posto per consumo di FANS (farmaci anti infiammatori che non appartengono alla categoria dei cortisonici), farmaci assai utili ma che possono avere molti effetti collaterali se usati per tempo e dosaggio inappropriati ( possono risultare molto dannosi per il sistema gastrointestinale, cardiaco, renale.). Se io vi dico diclofenac, ibuprofene, chetoprofene, piroxicam forse non dico molto ma se dico Voltaren, Oki, Brufen, Feldene, sono certo che questi nomi alla gran parte dei presenti sono noti.

Perché questo scarso uso di oppioidi forti? Diciamo la verità, gran parte della colpa è dei medici, seppur con qualche attenuante. In Italia per troppo tempo abbiamo pagato l’ineluttabilità e talvolta l'idealizzazione del dolore per motivi storici, antropologici e anche religiosi (flagellanti, cilicio, partorirai con dolore, dolore come espiazione di colpe proprie od altrui), anche se fin dai tempi più antichi menti aperte, appartenenti alla Chiesa forse non la pensavano in questo modo. Riferisco una frase di Sant’Agostino Vescovo d’Ippona (400 d.C.) uno dei” Padri della Chiesa,” forse il più noto insieme a Sant’Ambrogio di cui fu peraltro discepolo, la frase cheho trovato leggendo un interessantissimo lavoro sul dolore, del Dott Mari e collaboratori afferma.

”Si possono accettare molti dolori, ma nessun dolore può essere amato”. Nessun dolore può essere amato quindi, e data la complessità e la rilevanza del tema dolore, il LEGISLATORE, (qualche volta anche i legislatori pensano) ha ritenuto necessario normare quella che potremo definire la sfida culturale e sanitaria al dolore stesso , attraverso la Legge 38 del marzo 2010. Cosa dice in pratica questa Legge, peraltro poco conosciuta ai più?

Con questa legge viene sancito il DOVERE ETICO di offrire al malato il DIRITTO di accedere alla rete delle cure Palliative e della TERAPIA DEL DOLORE

Art 1 “la presente Legge tutela il DIRITTO del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore.

È tutelato e garantito in particolare l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato nell'ambito dei LEA (livelli essenziali di assistenza, sono le prestazioni garantite al cittadino dal sistema sanitario nazionale) al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure la loro appropriatezza.

Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore assicurano un programma di cura individuale per il malato e la sua famiglia nel rispetto:

a) tutela della dignità e autonomia del malato senza alcuna discriminazione;

b) tutela e promozione della vita fino al suo termine;

c) adeguato sostegno sanitario e socio assistenziale della persona malata e della famiglia.

Nelle strutture sanitarie, nella sezione medico infermieristica, l’obbligo di riportare all'interno della cartella clinica la rilevazione del dolore, farmaci usati, risultati conseguiti

Ottima legge applicazione forse non ancora soddisfacente.

QUALE RUOLO per i Medici di Medicina Generale? Riporto uno studio FINLANDESE, che a mio avviso potrebbe ben calarsi anche nelle nostre realtà: su 5000 pazienti che afferivano agli ambulatori del medico di medicina generale, il 40% delle visite era dovuto al dolore . 1 su 5 con dolore cronico (numeri importanti).

I MMG hanno responsabilità e ruolo importanti perché sono chiamati a dare una prima risposta diagnostica terapeutica al dolore (sono nodi di rete) e se la risposta è insoddisfacente possono avvalersi di specialisti in altre discipline ed indirizzare il paziente presso strutture ritenute più idonee e deputate al trattamento del dolore (Dott Mariot); vedi centri terapia del dolore Regione Veneto. È giusto in questa sede ricordare anche l’ottimo lavoro svolto dai Medici Palliativisti che operano anche a domicilio nel nostro territorio Il dott. Manno e il Dott. Riolfi.

Come viene definito il dolore?

Mi piace questa semplice definizione " sensazione SOGGETTIVA ed ESPERIENZA PSICOFISICA estremamente spiacevole, che segnala all'individuo un processo che sta danneggiando tessuti o organi del suo corpo". Quindi dolore che è influenzato da fattori emotivi, culturali, affettivi che colpisce il FISICO ma anche l'ANIMA del paziente. Il dolore fa di tutto per “DISARMARMI LA VITA”, come recita un bellissimo testo di un noto cantautore (Roberto Vecchioni: “ho conosciuto il dolore”)

Da quanto fin qui ho esposto il dolore ha, quindi, come caratteristica, la MULTIDIMENSIONALITA’ e NON PUO’ ESSERE CONSIDERATO SOLTANTO COME UN SISTEMA DI SEMPLICI TRASMISSIONI SENSORIALI.

Dolore che a volte è anche ESPERIENZA DIFFICILE DA COMUNICARE, vuoi perché medico e paziente spesso parlano linguaggi diversi vuoi perché i linguaggi cambiano e di per sè l'esperienza dolorosa è esperienza soggettiva vissuta diversamente dai singoli individui.

È possibile in qualche modo valutarlo?

Opportunamente ci possiamo servire delle SCALE DI VALUTAZIONE del dolore, in base a queste scale, (ce ne sono moltissime) ma io penso che si debbano usare le scale facilmente applicabili, intuitive, come la scala numerica che preferisco. Le più note sono le scale unidimensionali che valutano un solo parametro, l’intensità’ del dolore.

1 - NRS: scala numerica (fatto 0 nessun dolore e 10 il peggior dolore possibile, immaginabile, il paziente viene invitato ad esprimere con un numero la sensazione dolorosa di quel preciso momento) in base a questa scala il dolore viene” etichettato “come dolore lieve (1. 4) lieve, moderato (5. 6), severo ( 7. 10).

2)VAS scala analogico. visiva i medici più attrezzati hanno un regolo diviso in millimetri: da 0 nessun dolore a 100 mm massimo dolore possibile) il paziente ferma il cursore nel punto più vicino o lontano dal punto 0-100

3) In Pediatria si utilizza una scala rappresentata da 6 faccette il primo volto sorridente e via via volti tristi e assai tristi con ultimo volto tristissimo (lacrimoni agli occhi) massimo del dolore.

La PAINAD (Scala Multidimensionale) si usa con pazienti non collaboranti (es. affetti da demenza) e utilizza la semeiotica del dolore inserendo 5 parametri per ognuno dei quali è stabilito 1 punteggio

Il medico o l’infermiere osservano il paziente e in base ai parametri di riferimento: respirazione, vocalizzazione, espressione del volto, linguaggio del corpo, conso labilità del paziente) stilano un punteggio:

da 0 a 1 dolore assente, da 2 a 4 dolore lieve, da 5 a 7 dolore moderato, da 8 a 10 dolore severo

Le scale sono utili perché possiamo renderci conto se la terapia che stiamo facendo ha un risultato o meno e anche perché l'OMS consiglia anche quali farmaci usare per i vari gradi di dolore cronico. Ma, a dirla tutta, come dovrebbe essere sempre in medicina, la terapia dovrebbe essere cucita addosso ad ogni singolo paziente in altri termini personalizzata.

Termino questo mia breve introduzione, che penso abbia dato un'idea della complessità del problema, con una riflessione. Lo sappiamo tutti che curare non può voler dire solo prescrivere dei farmaci, lo sappiamo tutti ma spesso, me compreso, ce ne dimentichiamo. Prendersi cura del paziente è un’altra cosa “rancurare” sento ogni tanto dire da qualche mio paziente che “gha rancura” il genitore in difficoltà e in questo rancurare spesso c’è tanto amore e un intero universo di sentimenti positivi.

Questo per dire che è necessaria una maggiore alleanza fra medico e paziente e non solo, fra paziente e tutti gli operatori che in qualsivoglia modo si occupano di problematiche sanitarie e socio assistenziali, perché dietro ad ogni paziente ci sono storie, sofferenze, che vanno necessariamente ascoltate, comprese e obbligatoriamente rispettate. Solo cosi potremo dire come operatori sanitari di aver saputo ben “rancurare” i nostri pazienti

Stefano Dall’Ara


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