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È possibile in qualche modo valutarlo?
Opportunamente ci possiamo servire delle SCALE DI VALUTAZIONE del dolore, in base a queste scale, (ce ne sono moltissime) ma io penso che si debbano usare le scale facilmente applicabili, intuitive, come la scala numerica che preferisco. Le più note sono le scale unidimensionali che valutano un solo parametro, l’intensità’ del dolore.
1 - NRS: scala numerica (fatto 0 nessun dolore e 10 il peggior dolore possibile, immaginabile, il paziente viene invitato ad esprimere con un numero la sensazione dolorosa di quel preciso momento) in base a questa scala il dolore viene” etichettato “come dolore lieve (1. 4) lieve, moderato (5. 6), severo ( 7. 10).
2)VAS scala analogico. visiva i medici più attrezzati hanno un regolo diviso in millimetri: da 0 nessun dolore a 100 mm massimo dolore possibile) il paziente ferma il cursore nel punto più vicino o lontano dal punto 0-100
3) In Pediatria si utilizza una scala rappresentata da 6 faccette il primo volto sorridente e via via volti tristi e assai tristi con ultimo volto tristissimo (lacrimoni agli occhi) massimo del dolore.
La PAINAD (Scala Multidimensionale) si usa con pazienti non collaboranti (es. affetti da demenza) e utilizza la semeiotica del dolore inserendo 5 parametri per ognuno dei quali è stabilito 1 punteggio
Il medico o l’infermiere osservano il paziente e in base ai parametri di riferimento: respirazione, vocalizzazione, espressione del volto, linguaggio del corpo, conso labilità del paziente) stilano un punteggio:
da 0 a 1 dolore assente, da 2 a 4 dolore lieve, da 5 a 7 dolore moderato, da 8 a 10 dolore severo
Le scale sono utili perché possiamo renderci conto se la terapia che stiamo facendo ha un risultato o meno e anche perché l'OMS consiglia anche quali farmaci usare per i vari gradi di dolore cronico. Ma, a dirla tutta, come dovrebbe essere sempre in medicina, la terapia dovrebbe essere cucita addosso ad ogni singolo paziente in altri termini personalizzata.
Termino questo mia breve introduzione, che penso abbia dato un'idea della complessità del problema, con una riflessione. Lo sappiamo tutti che curare non può voler dire solo prescrivere dei farmaci, lo sappiamo tutti ma spesso, me compreso, ce ne dimentichiamo. Prendersi cura del paziente è un’altra cosa “rancurare” sento ogni tanto dire da qualche mio paziente che “gha rancura” il genitore in difficoltà e in questo rancurare spesso c’è tanto amore e un intero universo di sentimenti positivi.
Questo per dire che è necessaria una maggiore alleanza fra medico e paziente e non solo, fra paziente e tutti gli operatori che in qualsivoglia modo si occupano di problematiche sanitarie e socio assistenziali, perché dietro ad ogni paziente ci sono storie, sofferenze, che vanno necessariamente ascoltate, comprese e obbligatoriamente rispettate. Solo cosi potremo dire come operatori sanitari di aver saputo ben “rancurare” i nostri pazienti
Stefano Dall’Ara
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