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Job.Scuola.Idee

raccolta di idee e strumenti per una DIDATTICA moderna

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Entra soprattutto in crisi il rapporto gerarchico tra chi sa (e Platone vedeva nel libro il depositario del sapere) e colui che deve ricevere il sapere che viene “trasmesso”, tra il Maestro (il quale spesso dalla domanda scopre di non sapere tutto o, talvolta, di non sapere)e il Discepolo.

Necessità di autentico dialogo nella scuola

Tralasciamo il dialogo scuola-famiglia che, forse, è il punto di arrivo più gettonato nelle relazioni di programmazione ed è quello che ha le minori possibilità di successo, perché troppo occasionale e limitato a specifici interessi da parte di una delle parti (“Ma, alla fine, come va mio figlio/a?” domanda che implicherebbe un discorso lungo un anno). Puntiamo la nostra attenzione sul dialogo come strumento fondamentale della relazione alunno-insegnante, momento di crescita e di maturazione per entrambi.

Nel dialogo nasce un nuovo tipo di rapporto interpersonale e si fonda in modo nuovo l’ascolto (vicendevole, reciproco). Se questo è il “dialogo”, ovviamente vi sono obiettive difficoltà a realizzarlo. Difficoltà anzitutto esterne. Il dialogo essenzialmente è un rapporto tra un io e un tu, anche se si parla di dialogo tra l’insegnante e la classe. Il dialogo dovrebbe trovare un certo spazio solo in un insegnamento individualizzato e tutti sappiamo quanto sia difficile dialogare personalmente in una classe di 20-25 alunni.

A scuola c’è poco dialogo anche se in ogni momento si parla di “dialogo educativo”, non per cattiva volontà degli insegnanti, ma perché c’è poco tempo. L’insegnante deve fare un sacco di cose: spiegare, interrogare, badare alla classe nel suo insieme; gli alunni hanno poco tempo e, a dire il vero, sono poco incentivati a parlare. “Parla solo quando sei interrogato” è una specie di ordine nascosto che ancora regola la vita all’interno della classe.

Ma ci sono anche blocchi psicologici. Come reggere il ruolo di colui che deve far crescere e valutare e a cui compete una indispensabile autorità con un quasi abbassamento a livello dell'alunno?

Ancora, la crisi dei modelli crea un’ulteriore difficoltà: in una fase storica così ampia, frammentata e resa quasi incomprensibile dalla rapidità di cambiamenti è difficile trovare un terreno di incontro a proposito di visioni di vita, temi, aspetti dell’esistere tra persone che si collocano in fasce d’età che comportano interessi diversi.

È possibile allora “dialogare”?

Bisogna, a questo punto, chiarire che la scoperta del valore del dialogo in una personale ricerca di efficacia dell’insegnamento non è tanto un momento, una attività, ma un modo di essere. Non qualcosa che si fa in un certo momento ma, prima di tutto, un modo di collocarsi nel mondo prima che nella professione e nella classe. Non si fa dialogo (solamente) quando si incontra la classe su oggetti specifici e sui mille temi che appartengono direttamente alla formazione, all’educazione, all’orientamento. Si fa dialogo in ogni momento didattico perché essere in dialogo è un modo di essere nella propria professione. Non occorre “aprire” il dialogo in una finestra temporale definita (come se ci si dovesse inventare l’ora di dialogo), quasi che il dialogo fosse una “materia” ma qualsiasi nostro intervento nel contesto didattico è già dialogo. Ciò dipende dalla qualità dell'intervento.

Nella situazione storica in cui viviamo tutta una serie di non-valori smonta ogni tentativo di predicare il dialogo e di renderlo efficace. Ma questo non ci sentiamo di accettarlo, perché toglierebbe senso a una dimensione insopprimibile della nostra professione.

Individuiamo pertanto una triplice espressione di questa che abbiamo chiamato “dialogicità”. Dialogo, sempre ma in modo particolare a scuola, è

un modo di costruirsi

un modo di relazionare

un modo di operare.

Va detto che ciò si sviluppa su due piani: un lavoro di ricerca dell’insegnante su se stesso e di modalità di trasmissione agli alunni di atteggiamenti mentali e indirizzi operativi.

L’approfondimento, la costruzione e il miglioramento del proprio stile di dialogo in riferimento alle tre dimensioni sopra accennate può essere condotto in un confronto con alcune grandi personalità storiche nella costante partecipazione ai temi che più oggi sembrano avere bisogno di essere esplorati.

La scelta è ovviamente ampia ed ognuno può fare le proprie, ma qui suggeriamo qualche esempio.

  1. Nella lettura di alcuni testi dei Vangeli (ad esempio, riflettendo sulle Parabole come Metafore) illustriamo uno stile comunicativo attento alla concretezza della vita.
  2. Alcuni testi scelti dalle Confessioni di Agostino di Ippona si rivelano come alte espressioni del Dialogo interiore per la definizione di una propria identità personale.
  3. Galileo Galilei è il simbolo del dialogo tra scienza/ragione e fede, rivelando la qualità dell’uomo che, senza rinnegare i principi della fede religiosa, ha posto nella libertà della ricerca e con la rigorosità di un metodo, i fondamenti della scienza moderna.


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