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Storia raccordo tra passato e presente all’interno di una didattica di unità di apprendimento laboratoriali

 

di Antonio Boscato


Una domanda: agli alunni piace la Storia?

Piacciono le storie, i racconti, ma, forse, meno la materia “storia”, se essa consiste nel memorizzare (principalmente) nomi e date, fatti del passato.

Seconda domanda: l’alunno di scuola media riesce a “raccordare i fatti” (metterli anzitutto nel giusto susseguirsi, distinguendo la rilevanza, individuando sommariamente cause ed effetti...)?

In qualche misura, è possibile qualora siano predisposti esercizi e guide che mirino a mirate forme di addestramento .



Terza domanda: Il passato oggi è in qualche modo riconoscibile, cioè, in qualche modo, può offrire spunti di confronto con il presente?

La risposta può svilupparsi attraverso la seguente linea: il “passato” ha lasciato tracce nel presente e, ancora, vi sono aspetti di vita, problemi, che, pur in forme diverse, richiamano quello che si è studiato nel passato. È possibile ritrovarli e indicarli: nella lingua, nelle tradizioni, negli edifici, nell'alimentazione...e la serie può continuare a lungo. Ma sembra che elementi portanti di lontani periosi di ripresentino.

Un esempio riesce calzante: a scuola si studia la caduta dell’impero romano e le nuove civiltà nate con l’arrivo di popolazioni “barbare”. Come non pensare che il fenomeno dell'immigrazione odierna pacifica e tuttavia spesso disordinata di nuove popolazioni che si inseriscono in un tessuto tradizionale, portando tensioni, ma anche ricchezza e cambiamenti nei rapporti tra le persone e lo sviluppo di nuove visioni del mondo, per molti aspetti può essere accordato a quel lontano passato.

In altre parole, parzialmente ritroviamo oggi un problema, con cui ci confrontiamo, che abbiamo studiato nella storia. È possibile, perciò, per certi aspetti e per certi fenomeni attualizzare la storia (si veda l'UA n. 1: Arrivano i Barbari).
Questo porre un rapporto tra il passato e l’oggi, rende più interessante il fatto storico.

La storia è, oltre che racconto, fondamentale strumento di riflessione

La scuola è formazione di una personalità e questo non deve mai essere dimenticato. Il ruolo della Storia-materia ha una sua funzione nella avviare al “riflettere”, e avviene quando si pongono delle domande.
Non a caso la “classica” verifica orale di storia di una volta (e oggi?) aveva un obbligato percorso. Parte sempre da una descrizione di un fatto (“racconta… descrivi…”) ma seguono domande: perché è successo quel fatto? Che cosa lo ha prodotto? Che conseguenze ha avuto?...

L’alunno, molto diligentemente può aver memorizzato la risposta già nel manuale di storia o perché l’insegnante nella sua lezione l’ha già fornita, ma potrebbe trovarsi nella condizione di “dover provare a trovare una risposta”, confrontandola poi con contro osservazioni o con diverse risposte individuate da altri compagni.
Conseguentemente, per mezzo di progressivi esercizi di ricerca di risposte a domande, si dovrebbe giungere a giungere a domande più generali, ma fondamentali, la cui risposta personale fonda i valori di riferimento educativi. Ad esempio: perché studiando il cammino dell’uomo attraverso i millenni noi percepiamo (studiamo) che i conflitti, le guerre, le conquiste hanno (o sembrano avere) molta più rilevanza degli avanzamenti scientifici, dei veri progressi dell'umanità, delle rivoluzioni culturali?

E' possibile perciò che si innesti la convinzione che i cambiamenti siano frutto di conflitti e che quindi la “guerra”, cioè il prevalere di uno o di un popolo, di una nazione su altri sia il vero motore che determina il cambiamento e l'agire umano? È vero moltissimi sono i fattori che determinano l'evolversi di un quadro storico, ma è chiaro che la volontà di conquista e di sopraffazione si evidenziano in ogni periodo storico, attraendo l'attenzione.

Così, proprio il ‘900, il secolo delle grandi scoperte scientifiche e tecnologiche, impressiona maggiormente come il secolo degli olocausti, delle grandi guerre mondiali, e dell’infinità di guerre nella seconda parte dello stesso secolo . Gli uomini di pace hanno un posto meno rilevante, anche se ovviamente non sono assenti, dei re, dei condottieri, degli eserciti e delle battaglie… Pure nella nostra vita di semplici mortali il combattere e necessario per sopravvivere? Ecco quindi una domanda qualificata: è necessario combattere, e soprattutto vincere, per affermarsi?

Le domande sulla possibilità del vivere in pace, realizzando le condizioni per la sua realizzazione (la giustizia sociale, l'accettazione delle differenze...) dovrebbe diventare la “grande” domanda che ogni uomo dovrebbe porsi e trovare abbondanti riferimenti nella stessa vita quotidiana di ogni persona, in particolare di chi sta orientando la propria vita.
È possibile guidaregli alunni a una lettura della storia in una nuova chiave interpretativa?
Sviluppando il concetto che la qualità di “alcune” domande e lo sforzo di trovare una “personale” risposta (per me oggi, in questo contesto...) sono i fondamenti di ogni attività educativa, e, in fondo, sono alla base delle scelte e quindi il fondamento etico di una persona. La scuola deve insegnare a fare domande e indicare strade per risposte piene e adeguate.

Conseguentemente, fondare la “storia” come domanda sul significato del cammino dell’uomo, di una civiltà, nei secoli richiede un diverso approccio alla materia. Non più soltanto trasmissione di informazioni sul passato con l’insegnante che guida a riconoscerle, il che non viene certamente superato, ma un’attiva partecipazione della classe in attività che definiamo “laboratoriali”, cioè laboratorio, sperimentazione, mettersi alla prova, addestrarsi come in una bottega del passato...

Fare “ricerca storica” nel senso migliore del termine (e, perciò, non accontentarsi di mettere insieme un collage di maggiori informazioni su un fenomeno) a un livello alto è un esclusivo lavoro di specialisti, ma è possibile, ovviamente secondo ritmi e approfondimenti progressivi nel tempo porre questa necessità come obiettivo anche nella normale prassi quotidiana.


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