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Job.Scuola.Idee

raccolta di idee e strumenti per una DIDATTICA moderna

ACCADIMENTI – AVVENIMENTI - ESPERIENZE

 

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Alla fine della sua indagine, dopo avere assicurato alla giustizia il maggiordomo colpevole (per forza è colpevole: è il maggiordomo!), l'ispettore Holmes decide che deve fare una verifica, cioè deve chiedersi non soltanto se ha raggiun­to il suo scopo (aver trovato l'assassino), ma se tutta la sua indagine è condotta in modo corretto e, soprattutto, se l'espe­rienza fatta in quest'occasione gli potrà essere utile nelle altre indagini che lo aspettano.

È quello che devi fare anche tu alla fine di questo percorso guidato: volgerti indietro, osservare quanta strada hai percorso, renderti conto quali ostacoli hai superato, se sei soddisfatto del risultato. Insomma, potevi stare a casa che era meglio, oppure valeva proprio la pena di fare un po' di fatica?

Questo è il compito che ci aspetta in quest'ultima parte: in un certo senso, per una volta tanto non l’insegnante, ma tu stesso devi darti un voto.

Una nuova esperienza

Ma che cosa è un’esperienza? Secondo il dizionario è “una conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà”.

Con parole semplici: Una cosa nuova che ti ha fatto cambiare, hai imparato cose nuove, riflettuto, anche giocato con le parole, soprattutto hai messo dentro di te conoscenze nuove che ti servono non solo ora, ma soprattutto in futuro.

Abbiamo dato molto spazio per riflettere sull'importanza della memoria perché…

dal ricordo, richiamato nella memoria, si giunge spesso alla domanda.

Chiedendoti di richiamare alla mente un particolare ricordo, hai riflettuto sul fatto che esso si accompagna sempre a diverse emozioni (gioia, desiderio di ri-vivere quel momento, rimpianto, nostalgia…. )

Se fai un passo avanti, scopri che spesso dal ricordo nasce una cosa nuova: la domanda.

Accade, infatti, che quando ricordiamo un fatto magari ci viene da pensare:

  • Ma guarda, come mai quella volta mi è capitato que­sto?...”.
  • “Perché pensavo che andasse bene una cosa e poi ne ho fatta un'altra?... “.
  • “Come mai quel compagno si è comportato con me in quella ma­niera?...”.

Gli storici fanno lo stesso mestiere: ricostruiscono un fatto (cioè lo riportano, ilche è, in fondo, un ricordo), nella maniera più precisa possibile. Il loro principale lavoro finisce qui, ma poi è facile che essi, e anche i lettori, si facciano delle domande:

  • “Perché dopo la battaglia di Canne nella quale aveva stra­vinto, Annibale non è andato subito a conquistare Roma che era indi­fesa, (come avresti fatto tu!), e in­vece se n’è andato a ripo­sarsi a Capua (gli ozi di Ca­pua)? Che ragionamenti avrà mai fatto?”

Lo storico formula delle ipotesi.

  • Forse Annibale voleva andare proprio in villeggiatura.
  • Oppure anche il suo esercito provato da una battaglia così dura era indebolito e non pronto per l’ultima grande battaglia?

Egli allora va alla ricerca di documenti che dicano quale delle due (o di altre ipotesi) è più accettabile (probabile) delle altre.

E, alla fine, arriva alle conclusioni. Ecco un concetto molto importante da tenere presente.

Lo storico prende in esame queste domande, formula delle ipotesi e cerca di trovare documenti che, partendo dal fatto accaduto, risalgono alle cause che l'hanno prodotto e, magari, anche alle conseguenze che ha avuto.

Il ricordo, attraverso la memoria, porta alla riflessione.

Quando si arriva a essa, allora sì che si è fatto un bel passo avanti!

Riflettere vuol dire farsi domande e cercare risposte, mettendo a confronto tutte quelle che possono essere ragionevoli, scegliendo alla fine quella che sembra più “probabile” (certamente, non si è mai sicuri di non sbagliare, la probabilità non dà la sicurezza della verità!).

Fare delle domande (anche e soprattutto a se stessi), e trovare risposte diverse, confrontandole in situazioni è frutto d’intelligenza. Quelli che non le pongono significa che hanno rinunciato a servirsi della loro intelligenza e, di conseguenza, hanno rinunciato a essere uomini.

Riflettere e ragionare richiedono, però, una certa fatica e allora molti, per pigrizia, rinunciano, oppure, si fidano delle riflessioni degli altri senza metterci del proprio. Infatti, l'intelligenza è come la memoria, se non la eserciti, va a farsi benedire!

Riflettendo sui fatti che accadono, specialmente su quelli nei quali siamo coinvolti, impariamo a distinguere che ci sono:

Accadimenti e Avvenimenti

Facciamo un altro bel passo avanti, cominciando a capire che c'è una certa differenza tra due parole di cui facciamo un uso frequente e così, forse, capiamo qualcosa di più dell’esperienza.

Accadono tantissime cose (proviamo a chiamarli “fatti”) nel mondo, ma accadono tante cose accanto a noi.

Noi le vediamo con i nostri occhi, ne siamo cioè testimoni, ma molte di esse ci coinvolgono direttamente, ne diventiamo, pertanto, protagonisti.

  • Una macchina travolge un ciclista, noi abbiamo visto bene ciò che è accaduto tanto che i vigili arrivano a chie­dere la nostra te­stimonianza per stabilire le responsabi­lità. In questo caso noi diventiamo testimoni.
  • La nostra classe ha fatto una recita di fine anno, così ben riu­scita che la tv locale l'ha trasmessa quasi per intero. Ecco un’occasione in cui diventiamo protagoni­sti. Per noi la recita è stata un grande avvenimento.

Le due parole accadimento e avvenimento hanno proprio lo stesso significato? A te pare di sì, ma, siccome la guida è molto pignola, andiamo un po' a vedere meglio.

Secondo un vocabolario che abbiamo consultato assieme, “avvenimento” è tutto ciò che, per qualche motivo, “merita di essere ricordato”.

Giungiamo a una prima osservazione: di tantissimi “fatti” (“accidenti[1]“ - ciò che ci capita), noi, o non ci accorgiamo, o li dimentichiamo un minuto dopo.

Che cosa ci vuole comunicare questa immaginaria situazione?

In classe dall'insegnante una precisa domanda per Andrea: “Racconta qualcosa che ti è capitato oggi”.

Rispostadi Andrea: “…Dunque…, vediamo, oggi ho fatto i compiti…

Ripresa dell’Insegnante: “Moment please: è vero, ti è capitato di fare i compiti, ma la richiesta è più precisa, non quello che hai fatto, quello che ti è capitato!

L’insegnante spiega: “Insomma, tu decidi di fare una cosa, ma succede che certi fatti accadano senza che tu li provochi o li vada a cercare. C'è una certa differenza tra quello che tu hai fatto è quello che ti è capitato. Quindi, caro Andrea, rispondi in maniera più precisa alla domanda!”

 Andrea: “Che mi è capitato oggi? Niente di particolare…, sono stato interrogato in storia, ma è stato il disastro di sempre, nessuna novità. A pensarci bene, tuttavia, tornando a casa sono caduto dalla bicicletta, ma non mi sono fatto nulla”.

Quindi, sono solo “banali” accadimenti (magari per Andrea l’ interrogazione di storia non sarebbe proprio un banale avvenimento, ma siccome gli capita molto spesso…!).

A una nostra compagna, inventiamo il fatto e anche il nome: Lisa, l’anno scorso è accaduta la stessa cosa. Pure lei è caduta dalla bicicletta, ma, invece, poveretta, si è procurata una frattura al polso ed è rimasta con il braccio ingessato (proprio quello destro) per un mese; un avvenimento, sfortunatissimo finché si vuole, ma un avvenimento che è rimasto vivo nel suo ricordo.

Ed ecco la novità: attraverso l'incidente (cioè l’avveni­mento) ha fatto un’esperienza. Proviamo a immaginare:

  • Intanto l’incidente l’ha costretta a modificare in parte il suo programma quotidiano di vita: niente sport, niente partite di pallavolo, addio per un bel po' alla bicicletta, a spasso solo a piedi…, per la­varsi doveva farsi aiutare dalla mamma, non può più scri­vere con la mano destra... e tanti altri inconvenienti! In­somma un periodo di vita piuttosto complicato.
  • In conclusione, la nostra compagna ha fatto un'e­spe­rienza di vita (ha dovuto vivere, cioè, per un po’ in modo completamente diverso dal solito).

Nel frattempo, proprio in conseguenza di questo “accadi­men­to”, ha fatto qualche nuova scoperta:

  • La solidarietà dei compagni: tutti hanno voluto im­mortalare la loro firma sul gesso, ma, soprattutto, si è accorta di Valentina, che le è stata particolarmente vi­cina, veniva a trovarla tutti i pomeriggi, si è un po' sa­crificata per lei, si è rivelata un'amica premurosa e at­tenta, ha partecipato ai suoi guai, insomma il suo rap­porto con Valentina dopo quel periodo si è fatto più stretto.
  • Questo è importante. La scoperta durante l'espe­rienza della malattia (ed è stata un’esperienza diretta, non sentita raccontare da altri – sarebbe stata in questo caso una indiretta) l'ha portata a una nuova consapevo­lezza: quella di una diversa e più profonda esperienza di amicizia.
  • Le conseguenze dell'incidente, avvenimento senz'altro negativo, hanno avuto anche qualche piccolo lato po­sitivo (oltre a quello di non poter scrivere i compiti as­segnati). Da quel periodo, infatti, Lisa e Valentina sono diventate insepara­bili amiche.

Adoperando delle parole un po' complicate, ma che ora cominci a capire meglio, affermo che, durante e anche alla fine di questo speciale periodo, Lisa ha elaborato l'esperien­za del periodo trascorso a casa con il gesso al braccio.

Ciò significa: Lisa ha saputo ricavare nuove conoscenze attraverso la propria capacità di riflessione, la particolare sensibilità e, in genere, le personali qualità interiori, partendo anche dai bisogni che in quel momento sentiva importanti,di avere cioè qualcuno che le stesse particolarmente vicino).

Ti sembra un discorso un po’ difficile? Sì, penso che un po' difficile lo sia, ma perché non discuti di ciò con i tuoi genitori? Ora tuttavia ti do una mia spiegazione.

Noi elaboriamo gli accadimenti, o meglio gli avvenimenti (ora abbiamo compreso dove sta la differenza!), quando ci sentiamo cambiati da essi:

  • Ad esempio, dopo aver subito una sconfitta nello sport che pratichiamo, ci sentiamo tristi e avviliti per qualche tempo.
  • Succede però che dopo un po', noi vogliamo dare una risposta a questa sconfitta: è vero, da un lato vor­remmo anche dimenticarla, ma qual­cosa dentro ci spinge. Con uno scatto d’orgoglio vogliamo tornare in campo e far vedere che “siamo capaci di...”.

In genere, quindi, noi a ogni esperienza tendiamo a dare delle risposte. Il tipo di queste segna anche la qualità della nostra crescita.

Noi diciamo di una persona che “ha del carattere”, vale a dire possiede energie e capacità di elaborare in maniera positiva un'esperienza, anche se questa non è stata favore­vo­le[2].

Avvenimenti ed Emozioni

 Ciò che trasforma l'accadimento in “avvenimento” ha molto a che vedere con l'emozione.

Affermiamo che noi partecipiamo ad un'esperienza più che attraverso il ragionamento, vivendo delle emozioni. L'esperienza di una amicizia con un compagno/a, non è ragionata, ma è vissuta attraverso le suggestioni e le trepida­zio­ni che si provano. Non si dice anche: “Vivere un avvenimento”?

Non è la stessa cosa vedere una partita alla televisione oppure parteciparvi dalla curva sud. Se la tua classe gioca la finale di palla prigioniera con la classe nemica, tu, che ti trovi ai lati a fare il tifo, soffri o gioisci a secondo l’andamento. Alla fine, scarichi l'attenzione, correndo e abbracciando i compagni dopo la vittoria.

Partecipare come dice la parola vuol dire sentirsi parte, avere un ruolo anche come spettatore (il tifoso sa che la sua squadra ha bisogno del suo sostegno e incitamento).

A questo punto possiamo dare una “nostra” definizione della parola.

Esperienza: è partecipazione personale ed emotiva ad un avvenimento, che avvertiamo come importante.

Ciò significa che se tu partecipi, magari obbligato, a qualche accadimento, ma lo vivi senza nessuna voglia di prendervi parte, questo sarà pure accadimento ma non certa­men­te avvenimento e, soprattutto, non diventerà mai una reale esperienza.

Un altro passo avanti? Prometto che (forse) è l’ultimo!

Persone: accadimento o avvenimento?

“Giulio, ti sei accorto che Filippo stamattina è mancato da scuola?”

“No non me ne sono accorto. È mancato? Toh, non ci ho fatto caso!”.

 

 

 Non puoi dire che per Filippo Giulio abbia un particolare interesse, infatti, Giulio con lui non condivide pressoché nulla.

Non litiga, è vero, ma neppure trova il tempo di stargli assieme; dei suoi interessi, di come riesce a scuola gli importa poco. Possiamo, quindi, dire che per Giulio la presenza in classe di Filippo è un “accadimento”? Sì, perché sicuramente il fatto che Filippo sia un compagno di classe di Giulio non è negato ed è conosciuto, ma per lui non ha molta importanza, è un fatto occasionale.

 

Francesca stamattina è molto preoccupata perché la sua amica Carla non è ancora arrivata a scuola, ieri sembrava un po' indisposta, può darsi che sia rimasta a casa perché amma­lata. Francesca è preoccupata perché proprio con Carla aveva in progetto di discutere come organizzare un gelato assieme a Gianni e Mario per quella sera. L'assenza di Carla in classe “per lei” ha molta importanza: rischia di saltare l'appuntamento cui teneva molto.

Ciò che determina che una persona sia un accadimento o un avvenimento per un'altra è il tipo di relazione ( rapporto) tra esse, cioè quello che le unisce, qualcosa (progetto) in comune. Carla e Francesca stanno progettando qualcosa d’importante assieme e l’assenza o la presenza in classe di una delle due ha un certo rilievo per l'altra.

Bisogna stare però attenti che qualche volta quella che sembra un’amicizia sincera potrebbe nascondere un interesse. Francesco è convinto che Matteo possieda i bellissimi videogiochi che egli non si può permettere. Diventare il suo migliore amico gli dà (pensa) dei bei vantaggi. Francesco poi scopre che questi videogiochi sono gli stessi che ha lui. A quel punto la sua volontà di amicizia perde una motivazione o si trasforma?

A questa domanda tu come risponderesti?

Tutti prima o dopo proviamo delle delusioni proprio su questo, quando ci sentiamo traditi nei nostri sentimenti. Una buona regola (per tutte le età): prima di dare fiducia dobbia­mo esser molto prudenti e mettere l’altro alla prova.

Cambia i tuoi occhi, cambierai il tuo cuore!

Il verbo osservare (ogni tanto ci tocca tornare indietro) non è mai usato da solo, esso ha un numero veramente sterminato di complementi diretti (complemento oggetto) e indiretti: si osservano le azioni delle persone, i comporta­men­ti di un animale, gli astri in cielo…, si osserva con gli occhi nudi o con strumenti, ma si osserva anche con altri sensi (l’udito, ad esempio, qualche volta è trascurato per quanto riguarda l’osservazione, ma anche i rumori portano informazioni! Adesso comprendi perché diverse volte abbiamo insistito sull’importanza di sapere ascoltare…).

  • Di solito, quando noi pensiamo al verbo “osser­vare”, lo colleghiamo a un oggetto particolare, un fenomeno o qualcos'altro che ha attirato la nostra attenzione.
  • Tuttavia noi possiamo guardare con occhi di­versi a come ci sentiamo nell'insieme, alle attività e alle espe­rienze che noi facciamo. Difficile? No, basta pensarci su un attimo.
    • Come “guardiamo” alla scuola? Ci piace, ci an­diamo volentieri, stiamo bene.
    • Ci piace fare un’attività sportiva o artistica op­pure ci andiamo perché lo vogliono i genitori?
    • Insomma siamo persone felici di quello che siamo e ab­biamo, o vorremmo essere diversi, vivere in un mondo diverso (magari con genitori, fratelli, inse­gnanti diversi?).

Tutto ciò fa parte della nostra personalità.

Gli occhi trasmettono al cuore varie emozioni. Essi portano a noi il mondo in maniera differente. In modo personale e originale la nostra mente (ragionamento) e il nostro cuore (emozioni) elaborano ciò che l'occhio ha trasmesso.

Alcuni guardano la realtà che li circonda in modo critico, come se tutti fossero antipatici e così diventano antipatici essi stessi, allora il loro cuore s'irrigidisce. Chi, al contrario, guarda il mondo come un'opportunità, ha un cuore aperto al mondo.

L'anima del mondo siamo noi.

Ognuno può guardarsi attorno e vedere il suo mondo con occhi diversi. Ci sono perone (specialmente gli anziani, ma non sempre) che vedono tutto nero! Ai miei tempi sì che i ragazzi studiavano, oggi, invece, hanno in mente solo mandare SMS con il cellulare.

Se si cambia il modo di guardare, di conseguenza si cambiano mentalità e opinione verso gli altri. Se una persona guarda in modo superficiale un altro, è logico che non capirà mai chi è in realtà quella persona, perciò lì ci saranno molti pregiudizi.

Il giudizio che dai a una persona solo guardandola per qualche secondo riflette in qualche modo il tuo stato d'animo.

  • Se hai una giornata storta, vedrai tutto nero, se sei di buon umore, tutto è bello.
  • Bisogna invece imparare a giudicare obiettivamente, così se guardi una persona con occhi felici, anche se è una giornata no, e quella ti ricambia con lo stesso sguardo, la giornata prende un'altra piega, perché quella persona ti ha aiutato a migliorare lo stato d'animo con la forza di uno sguardo gioioso[3].

Certo, molte volte si dà più importanza agli occhi piuttosto che al cuore e così capita di sbagliarsi. Ecco alcuni testi presi da temi di ragazzi di terza media (sono un po’ più grandi, ma non preoccuparti, ci arriverai anche tu, e pure in modo veloce):

  • “Io cerco di dare importanza un po' a tutti e due, bilan­ciandomi un po'.
  • Non è detto che con il cuore non si sbagli mai: infatti alle volte il cuore oppone le sue ragioni a quello che vedono gli occhi.
  • Ho sbagliato anch'io, fidandomi solamente degli occhi, dando giudizi senza nemmeno “osservare” meglio quel qualcuno.
  • L'unica soluzione sarebbe di smettere con le critiche, impa­rare a cercare non solo i difetti ma anche i pregi delle persone”.

Il GRANDE CONCORSO si conclude:  sei più bravo di Collodi?

Un nuovo esercizio che sostituisce le ricerche per i punti del concorso.

Eccoti tre paragrafi del capitolo V di “Pinocchio” di Carlo Collodi. Scegliene uno e prova a riscriverlo secondo il tuo stile e con parole tue. Hai la massima libertà, purché il testo contenga le stesse informazioni del testo di partenza.

Attento: non è necessario riscrivere tutto il testo, puoi anche inserire e cambiare parole o frasi all’interno del testo scelto (però bisogna proprio essere bravi!)[4].

(Pinocchio ha fame e cerca un uovo per farsi una frittata; ma sul piú bello, la frittata gli vola via dalla finestra[5]).

1               Allora si dètte a correre per la stanza e a frugare per tutte le cassette e per tutti i ripostigli in cerca di un po’ di pane, magari un po’ di pan secco, un crosterello, un osso avanzato al cane, un po’ di polenta muffita, una lisca di pesce, un nocciolo di ciliegia, insomma qualche cosa da masticare: ma non trovò nulla, il gran nulla, proprio nulla. Intanto la fame cresceva, e cresceva sempre: e il povero Pinocchio non aveva altro sollievo che quello di sbadigliare, e faceva degli sbadigli cosí lunghi, che qualche volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi. E dopo avere sbadigliato, sputava, e sentiva che lo stomaco gli andava via.

 

2               Pinocchio si levò subito il suo cappelluccio; ma mentre faceva l’atto di pararlo, sentí pioversi addosso un’enorme catinellata d’acqua che lo annaffiò tutto dalla testa ai piedi, come se fosse un vaso di giranio appassito. Tornò a casa bagnato come un pulcino e ri­finito dalla stanchezza e dalla fame: e perché non aveva piú forza da reggersi ritto, si pose a sedere, ap­poggiando i piedi fradici e impillaccherati sopra un caldano pieno di brace accesa.

 

3               Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una nottata d’inferno e me ne ricorderò fin che campo. Tonava, balenava e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi disse: «Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti» e io gli dissi: «Bada, Grillo!...» e lui mi disse: «Tu sei un burattino e hai la testa di legno» e io gli tirai un manico di martello, e lui morí, ma la colpa fu sua, perché io non volevo ammazzarlo, prova ne sia che messi un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino scappò fuori e disse: «Arrivedella... e tanti sa­luti a casa». E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino col berretto da notte, affacciandosi alla finestra mi disse: «Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chie­dere un po’ di pane non è vergogna, non è vero?

Aspetto con ansia i tuoi esperimenti (perché questo è un esperimento!).

Consiglio per un piccolo lettore (futuro storico e scrittore) ma che, per ora, vuole imparare a riflettere.

Presto ci sono le vacanze. Se non hai vinto il concorso e, quindi, non sei alle Canarie, alle Maldive o a New York, tra un sms e un altro, potresti leggere un bel libro (o forse lo hai già letto?). Ti consiglio Il Piccolo Principe di Antoine Saint-Exupery. Lo trovi integralmente su Internet con i disegni originali sul sito e con qualche nota per la riflessione[6].



[1]                      da non confondere con “incidenti”.

[2]                      Ci sono alcuni che, di fronte alle difficoltà o a una novità, prendono paura e rinunciano subito, senza provare prima a vedere se riescono ad affrontare una nuova situazione. Altri, invece, più grintosi si mettono alla prova. Tu da che parte ti collochi?

[3]                      Capita mai che giudichiamo un compagno solo per come è vestito?

[4]                      Usa il tuo word processor, sostituendo semplici parole o riscrivendo una frase.

[5]                      Fonte: http://www.maranola.it/pinocchio/favola.htm

[6]                      http://digilander.libero.it/Gretablu/il_piccolo_principe/pp01.html

 


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